Come la scrittura mi ha salvata: il mio viaggio spirituale dentro la depressione.
“La scrittura mi ha salvata". E’ una frase che ho ripetuto spesso durante il mio percorso.
Ho iniziato a scrivere, tutti i giorni poco tempo dopo essere sprofondata in depressione a 16 anni.
Nei tentativi fatti per condividere il mio malessere con gli altri, ho notato che invece di sentirmi meglio, mi sentivo peggio.
Per quello ad un certo punto mi sono isolata, ma il desiderio di tirare fuori tutto il mio dolore era rimasto e la scrittura è divenuta lo strumento per raggiungere lo scopo.
All'inizio scrivevo i miei pensieri, le mie emozioni, come mi sentivo, semplicemente per puro sollievo, per avere la sensazione di poter parlare di me a qualcuno, senza la paura di essere fraintesa, sminuita o giudicata; scrivevo per “buttare fuori”, era come se avessi la sensazione che altrimenti sarei esplosa, come uno di quei gavettoni che da bambina mi ostinavo a voler riempire troppo d'acqua.
Una parte di me in fondo voleva vivere.
Quando, poco tempo dopo, ho iniziato il mio percorso spirituale, il mio approccio alla scrittura è cambiato ed è diventato un luogo dove non esistevano bugie, non c'erano giustificazioni agli errori, niente parole dolci che il mio vittimismo mi sussurrava continuamente; lì c'era solo la verità.
Ho capito con il tempo che le bugie ed il vittimismo potevano alleggerirmi da una carico di responsabilità che non volevo, ma non mi avrebbero reso libera.
L'unica cosa che avrebbe potuto liberarmi da tutto quel dolore era la mia verità.
Scrivere è diventato così il mio specchio.
Ogni cosa ha iniziato ad avere un senso.
Il dolore non andava rifiutato, andava ascoltato, aveva un’origine e aveva molto da rivelare.
In tal modo, gli errori hanno smesso di essere solo un effetto collaterale della mia sofferenza e si sono trasformati in un’opportunità per imparare e migliorare me stessa.
Ogni gesto, anche il peggiore, è divenuto una mia responsabilità ed è stato questo, più di tutto, a rendermi migliore.
Scrivere ha avuto un impatto potentissimo sullo sviluppo delle mie capacità.
Il rispetto, l'empatia, il perdono, il lasciare andare, il silenzio, l'ascolto, l'attenzione per il linguaggio fisico e verbale, sono tutte capacità che ho dovuto manifestare, prima di tutto, verso me stessa.
Sono certa che altrimenti non sarei mai stata in grado di manifestarle verso il prossimo.
Quei fogli bianchi sono diventati il mio strumento principale per entrare in contatto con una parte di me profonda e potente, che esisteva al di là di tutto quel rumore mentale creato da pensieri incontrollati.
Ho scoperto che c'era un’altra prospettiva, che esisteva una parte di me che in mezzo a tutto quel dolore stava bene comunque.
Ho scritto tutti i giorni per moltissimi anni.
In quelle lettere ho perdonato me stessa e chi mi aveva in qualche modo ferito; ho imparato ad accettare l'errore e a viverlo come opportunità di crescita ed evoluzione.
Ho risposto a domande che ho avuto il coraggio di farmi, scoprendo e abbracciando tutta la mia vulnerabilità, riconoscendola come punto di forza e non di debolezza.
Ho ascoltato senza dire e fare nulla, nonostante la mia mente avesse già pronta:
una lista di giustificazioni che mi avrebbero evitato qualsiasi presa di coscienza evolutiva ma "scomoda",
sensi di colpa che mi avrebbero distrutta,
etichette che, poi, mi avrebbero inevitabilmente confinata in un ruolo da interpretare (vittima/carnefice, forte/debole, cattiva/buona).
In quelle lettere la mia anima si rivelava e di quella luce ogni cosa è stata illuminata.